Il calazio è una piccola protuberanza, una cisti che compare sulla palpebra, dovuta all’ostruzione delle minuscole ghiandole di Meibomio, quelle che producono la componente oleosa delle lacrime. Non è un disturbo ed è diffuso soprattutto negli adulti che hanno un’età compresa tra i 30 e i 50 anni.
Per capire meglio come riconoscerlo e affrontarlo, ne abbiamo parlato con il dottor Davide Allegrini, specialista del Centro Oculistico di Humanitas Castelli di Bergamo.
Dottor Allegrini, che cos’è esattamente il calazio?
«Il calazio è un nodulo che si sviluppa quando una delle ghiandole palpebrali si blocca e non riesce a liberare il suo contenuto. Questo provoca un accumulo interno di materiale, con conseguente gonfiore e infiammazione. Il disturbo progredisce nel tempo, presentandosi come una tumefazione in genere indolore o lievemente fastidiosa, accompagnata da arrossamento, gonfiore, lacrimazione o sensazione che ci sia un corpo estraneo tra la palpebra e l’occhio. Nei casi più voluminosi può ridurre la qualità visiva o causare un astigmatismo indotto per compressione corneale».
Qual è la differenza con l’orzaiolo, spesso confuso con il calazio?
«L’orzaiolo compare in modo rapido ed è doloroso, mentre il calazio evolve lentamente e più in profondità. È una distinzione importante, perché comporta strategie terapeutiche diverse».
Come si arriva alla diagnosi del calazio?
«La diagnosi del calazio è una diagnosi clinica: basata sull’osservazione oculistica. Solo in casi recidivanti o dubbi si procede con approfondimenti eseguiti con esami strumentali, così da escludere patologie più gravi, come i tumori palpebrali».
Quali sono i trattamenti più indicati per il calazio?
«Il primo approccio è sempre di tipo conservativo e prevede impacchi caldo-umidi di 10-15 minuti, tre-quattro volte al giorno, accompagnati da leggere manipolazioni con cui favorire lo svuotamento delle ghiandole. Nel caso in cui ci sia presenza di infiammazione o di infezione, lo specialista prescrive colliri o pomate antibiotiche e cortisoniche. In casi selezionati, poi, può essere utile un’iniezione di corticosteroide all’interno del nodulo. Quando il calazio persiste a lungo – oltre alcune settimane – o cresce molto, può essere valutata l’esecuzione di un piccolo intervento chirurgico ambulatoriale».
Come si svolge questo intervento?
«È una procedura che viene eseguita in day-hospital: si effettua una piccola incisione interna, quindi senza cicatrici visibili, e si rimuove il contenuto. È un’operazione semplice, ma non di prima scelta: ci si arriva solo dopo che si è capito che con le terapie conservative non è possibile ottenere risultati positivi».
Il calazio può guarire spontaneamente?
«Sì, molti calazi si risolvono da soli dopo un certo tempo che può durare anche qualche settimana o alcuni mesi. Tuttavia, intervenire precocemente con le giuste terapie accelera la guarigione e riduce il rischio di recidive».
Quali consigli pratici si sente di dare ai pazienti con calazio?
«Di continuare a procedere con impacchi e igiene palpebrale, che restano la base del trattamento. È fondamentale poi sottoporsi a un follow-up oculistico costante, anche dopo la guarigione, perché il calazio tende a ripresentarsi. In generale è importante educare il paziente alla gestione precoce del disturbo: questa è la chiave per ridurre complicanze e tempi di guarigione».
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